check_box_outline_blank
check_box_outline_blank
check_box_outline_blank
check_box_outline_blank
check_box_outline_blank
check_box_outline_blank
check_box_outline_blank

Guarda e rispondi

Legenda

La crisi del ’29, come ovunque, determinò una contrazione del commercio internazionale e accentuò le difficoltà economiche. Il governo ritenne che la soluzione fosse una politica espansionistica ai danni della Cina, trovando in questo progetto l’appoggio dei grandi gruppi industriali e delle gerarchie militari.

Cina che, indebolita da lotte di potere cominciate con la fine dell’Impero, rafforzò il proprio nazionalismo come antidoto alla conquista giapponese. La situazione politica del Paese era però instabile, tra i due gruppi contrapposti di nazionalisti e comunisti.

I nazionalisti riuscirono in un primo tempo a cacciare i comunisti fuori dalle grandi città, costringendo Mao e i suoi a una «lunga marcia» di 12 000 km verso zone sicure a nord. Ma proprio nelle campagne i comunisti ottennero un grande appoggio popolare e si prepararono per la resa dei conti contro i nazionalisti. Allo stesso tempo però dovettero far fronte anche alle mire espansionistiche nipponiche che avevano già occupato gran parte della Manciuria.

Descrizione

In Cina, per far fronte all’espansione nipponica, si rafforzò il fronte nazionalista che doveva però anche combattere l’opposizione interna del Partito comunista di Mao Zedong.

Note

L'espansione giapponese e la Cina nel 1938

1/1